Didone abandonata, Napoli, Ricciardo, 1724

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Porto di mare con navi per l’imbarco d’Enea.
 
 ENEA con seguito di troiani
 
 ENEA
 Compagni invitti a tolerare avvezzi
 e del cielo e del mar gl'insulti e l'ire,
 destate il vostro ardire,
 che per l'onda infedele
1150è tempo già di rispiegar le vele.
 Quegl'istessi voi siete
 che intrepidi varcaste il mar sicano.
 Per voi sdegnato invano
 di Cariddi e di Scilla
1155fra' vortici sonori
 tutti adunò Nettuno i suoi furori.
 Per sì strane vicende
 all'impero latino il ciel ne guida.
 Andiamo amici, andiamo.
1160Ai troiani navigli
 fremano pur venti e procelle intorno,
 saran glorie i perigli
 e dolce fia di rammentargli un giorno. (Al suono di vari stromenti siegue l’imbarco e nell’atto che Enea sta per salir su la nave, esce)
 
 SCENA II
 
 IARBA con seguito de’ mori e detto
 
 IARBA
 Dove rivolge dove
1165quest'eroe fuggitivo i legni e l'armi?
 Vuol portar guerra altrove
 o da me col fuggir cerca lo scampo?
 ENEA
 Ecco un novello inciampo.
 IARBA
 Fuggi fuggi se vuoi
1170ma non lagnarti poi
 se della fuga tua Iarba si ride.
 ENEA
 Non irritar superbo
 la sofferenza mia.
 IARBA
 Parmi però che sia
1175viltà, non sofferenza il tuo ritegno.
 Per un momento il legno
 può rimaner sul lido,
 vieni, s'hai cor, meco a pugnar ti sfido.
 ENEA
 Vengo. Restate amici, (Alle sue genti)
1180che ad abbassar quel temerario orgoglio
 altri che il mio valor meco non voglio.
 Eccomi a te. Che pensi?
 IARBA
 Penso che all'ira mia
 la tua morte sarà poca vendetta.
 ENEA
1185Per ora a contrastarmi
 non fai poco se pensi. All'armi?
 IARBA
                                                           All'armi. (Mentre si battono e Iarba va cedendo, i suoi mori vengono in aiuto di lui ed assalgono unitamente Enea)
 ENEA
 Venga tutto il tuo regno.
 IARBA
 Difenditi se puoi.
 ENEA
                                   Non temo indegno. (I compagni d’Enea in aiuto di lui scendono dalle navi ed attaccano i mori. Enea e Iarba combattendo entrano. Siegue zuffa fra troiani e mori. I mori fuggono e gli altri li sieguono. Escono di nuovo combattendo Enea e Iarba)
 Già cadesti e sei vinto. O tu mi cedi
1190o trafiggo quel core.
 IARBA
                                       Invan lo chiedi.
 ENEA
 Se al vincitor sdegnato
 non domandi pietà...
 IARBA
                                         Siegui il tuo fato.
 ENEA
 Sì mori. Ma che fo? Vivi, non voglio
 nel tuo sangue infedele (Lascia Iarba, quale sorge)
1195quest'acciaro macchiar.
 IARBA
                                              Sorte crudele!
 ENEA
 
    Vivi superbo e regna.
 Regna per gloria mia,
 vivi per tuo rossor.
 
    E la tua pena sia
1200il rammentar che in dono
 ti diè la vita e il trono
 pietoso il vincitor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 IARBA
 
 IARBA
 Ed io son vinto ed io soffro una vita
 che d'un vile stranier due volte è dono!
1205No. Vendetta vendetta, e se non posso
 nel sangue d'un rivale
 tutto estinguer lo sdegno,
 opprimerà la mia caduta un regno.
 
    Su la pendice alpina
1210dura la quercia antica
 e la stagion nemica
 per lei fatal non è;
 
    ma quando poi ruina
 di mille etadi a fronte,
1215gran parte fa del monte
 precipitar con sé. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Arborata tra la città e il porto.
 
 ARASPE ed OSMIDA
 
 OSMIDA
 Già di Iarba in difesa
 lo stuol de' mori a queste mura è giunto.
 ARASPE
 M'è noto.
 OSMIDA
                     Ad ogni impresa
1220al vostro avrete il mio valor congiunto.
 ARASPE
 Troppa follia sarebbe
 fidarsi a te.
 OSMIDA
                        Per qual cagione?
 ARASPE
                                                          Un core
 non può serbar mai fede
 se una volta a tradir perdé l'orrore.
 OSMIDA
1225A ragione infedele
 con Didone son io. Così punisco
 l'ingiustizia di lei che mai non diede
 un premio alla mia fede.
 ARASPE
 È arbitrio di chi regna,
1230non è debito il premio. E quando ancora
 fosse dovuto a cento imprese e cento
 non v'è torto che scusi un tradimento.
 OSMIDA
 Chi nudrisce di questa
 rigorosa virtude i suoi pensieri
1235la sua sorte ingrandir giammai non speri.
 ARASPE
 Se produce rimorso
 anche un regno è sventura. A te dovrebbe
 la gloria esser gradita
 di vassallo fedel, più che la vita.
 OSMIDA
1240Questi dogmi severi
 serba Araspe per te. Prendersi tanta
 cura dell'opre altrui non è permesso.
 Non fa poco chi sol pensa a sé stesso.
 
 SCENA V
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
 Partì da' nostri lidi
1245Enea? Che fa? Dov'è?
 OSMIDA
                                           Nol so.
 ARASPE
                                                          Nol vidi.
 SELENE
 Oh dio! Che più ci resta
 se lontano da noi la sorte il guida?
 ARASPE
 È teco Araspe.
 OSMIDA
                             E ti difende Osmida.
 SELENE
 Pria che manchi ogni spene
1250vado in traccia di lui. (In atto di partire)
 OSMIDA
                                          Ferma Selene.
 Se non gli sei ritegno
 più pace avranno e la regina e il regno.
 SELENE
 Intendo i detti tuoi.
 So perché lungi il vuoi.
 ARASPE
                                             Con troppo affanno (A Selene)
1255di arrestarlo tu brami.
 Perdona l'ardir mio, temo che l'ami.
 SELENE
 Se a te della germana
 fosse noto il dolore
 la mia pietà non chiameresti amore.
 OSMIDA
1260Tanta pietà per altri a te che giova? (A Selene)
 Ad un cor generoso
 qualche volta è viltà l'esser pietoso.
 SELENE
 Sensi d'alma crudel!
 
 SCENA VI
 
 IARBA con guardie e detti
 
 IARBA
                                        Non son contento
 se non trafiggo Enea.
 SELENE
                                         (Numi, che sento!)
 ARASPE
1265Mio re qual nuovo affanno
 t'ha così di furor l'anima accesa?
 IARBA
 Pria saprai la vendetta e poi l'offesa.
 SELENE
 (Che mai sarà?)
 OSMIDA
                                 Signore (Piano a Iarba)
 le tue schiere son pronte, è tempo alfine
1270che vendichi i tuoi torti.
 IARBA
                                               Araspe andiamo.
 ARASPE
 Io sieguo i passi tuoi.
 OSMIDA
                                          Deh pensa allora
 che vendicato sei,
 che la mia fedeltà premiar tu dei.
 IARBA
 È giusto, anzi preceda
1275la tua mercede alla vendetta mia.
 OSMIDA
 Generoso monarca...
 IARBA
                                        Olà costui
 si disarmi e s'uccida. (Alcune delle guardie di Iarba disarmano Osmida)
 OSMIDA
 Come! Questo ad Osmida?
 Qual ingiusto furore...
 IARBA
1280Quest'è il premio dovuto a un traditore. (Parte)
 OSMIDA
 Parla amico per me, fa' ch'io non resti
 così vilmente oppresso. (Ad Araspe)
 ARASPE
 Non fa poco chi sol pensa a sé stesso. (Parte)
 OSMIDA
 Pietà pietà Selene, ah non lasciarmi
1285in sì misero stato e vergognoso.
 SELENE
 Qualche volta è viltà l'esser pietoso. (Partendo s’incontra in Enea)
 
 SCENA VII
 
 ENEA con seguito e detti
 
 ENEA
 Principessa ove corri?
 SELENE
                                           A te ne vengo.
 ENEA
 Vuoi forse... O ciel, che miro! (Vedendo Osmida tra’ mori)
 OSMIDA
                                                        Invitto eroe
 vedi, all'ira di Iarba...
 ENEA
                                          Intendo. Amici
1290in soccorso di lui l'armi volgete. (Alcuni troiani vanno incontro a’ mori, quali lasciando Osmida fuggono difendendosi)
 SELENE
 Signor togli un indegno
 a suo giusto castigo.
 ENEA
 Lo punisca il rimorso.
 OSMIDA
                                           Ah lascia Enea (S’inginocchia)
 che grato a sì gran dono...
 ENEA
                                                 Alzati e parti.
1295Non odo i detti tuoi.
 OSMIDA
 Ed a virtù sì rara...
 ENEA
 Se grato esser mi vuoi
 ad esser fido un'altra volta impara.
 OSMIDA
 
    Quando l'onda che nasce dal monte
1300al suo fonte ritorni dal prato
 sarò ingrato a sì bella pietà.
 
    Fia del giorno la notte più chiara,
 se a scordarsi quest'anima impara
 di quel braccio che vita mi dà.
 
 SCENA VIII
 
 ENEA e SELENE
 
 ENEA
1305Addio Selene.
 SELENE
                             Ascolta.
 ENEA
 Se brami un'altra volta
 rammentarmi l'amor t'adopri invano.
 SELENE
 Ma che farà Didone?
 ENEA
                                         Al partir mio
 manca ogni suo periglio.
1310La mia presenza i suoi nemici irrita.
 Iarba al trono l'invita.
 Stenda a Iarba la destra e si consoli.
 SELENE
 Senti, se a noi t'involi
 non sol Didone, ancor Selene uccidi.
 ENEA
1315Come!
 SELENE
                Dal dì ch'io vidi il tuo sembiante
 tacqui misera amante
 l'amor mio, la mia fede
 ma vicina a morir chiedo mercede.
 ENEA
 Selene, del tuo foco
1320non mi parlar né degli affetti altrui.
 Non più amante qual fui, guerriero io sono.
 Torno al costume antico,
 chi trattien le mie glorie è mio nemico.
 
    A trionfar mi chiama
1325un bel desio d'onore
 e già sopra il mio core
 comincio a trionfar.
 
    Con generosa brama
 fra i rischi e le ruine
1330di nuovi allori il crine
 io volo a circondar. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 SELENE
 
 SELENE
 Sprezzar la fiamma mia,
 togliere alla mia fede ogni speranza
 esser vanto potria di tua costanza.
1335Ma se poi non consenti
 che scopra i suoi tormenti il core amante,
 sei barbaro con me, non sei costante.
 
    Nel duol che prova
 l'alma smarrita
1340non trova aita,
 speme non ha.
 
    E pur l'affanno
 che mi tormenta
 anch'a un tiranno
1345faria pietà. (Parte)
 
 SCENA X
 
  Regia con veduta della città di Cartagine in prospetto che poi s’incendia.
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
    Va crescendo il mio tormento,
 io lo sento e non l'intendo,
 giusti dei, che mai sarà?
 
 OSMIDA
 Deh regina pietà.
 DIDONE
                                   Che rechi amico.
 OSMIDA
1350Ah no, così bel nome
 non merta un traditore
 d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
 Come?
 OSMIDA
                 Con la speranza
 di posseder Cartago
1355Iarba mi fece suo; poi colla morte
 i tradimenti miei punir volea
 ma dono è il viver mio del grand'Enea.
 DIDONE
 Reo di tanto delitto hai fronte ancora
 di presentarti a me?
 OSMIDA
                                        Sì mia regina. (S’inginocchia)
1360Tu vedi un infelice
 che non spera il perdono e nol desia,
 chiedo a te per pietà la pena mia.
 DIDONE
 Sorgi. Quante sventure!
 Misera me sotto qual astro io nacqui!
1365Manca ne' miei più fidi...
 
 SCENA XI
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                                                 Oh dio germana.
 Alfine Enea...
 DIDONE
                            Partì?
 SELENE
                                          No, ma fra poco
 le vele scioglierà da' nostri lidi.
 Or ora io stessa il vidi
 verso i legni fugaci
1370sollecito condurre i suoi seguaci.
 DIDONE
 Che infedeltà! Che sconoscenza! Oh dei!
 Un esule infelice...
 un mendico stranier... Ditemi voi
 se più barbaro cor vedeste mai?
1375E tu cruda Selene
 partir lo vedi ed arrestar nol sai?
 SELENE
 Fu vana ogni mia cura.
 DIDONE
 Vanne Osmida e procura
 che resti Enea per un momento solo,
1380m'ascolti e parta.
 OSMIDA
                                  Ad ubidirti io volo. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 DIDONE e SELENE
 
 SELENE
 Ah non fidarti. Osmida
 tu non conosci ancor.
 DIDONE
                                         Lo so purtroppo.
 A questo eccesso è giunta
 la mia sorte tiranna;
1385deggio chiedere aita a chi m'inganna.
 SELENE
 Non hai fuor che in te stessa altra speranza.
 Vanne a lui, prega e piangi;
 chi sa, forse potrai vincer quel core.
 DIDONE
 Alle preghiere, ai pianti
1390Dido scender dovrà! Dido che seppe
 dalle sidonie rive
 correr dell'onde a cimentar lo sdegno,
 altro clima cercando ed altro regno.
 Son io, son quella ancora
1395che di nuove cittadi Africa ornai,
 che il mio fasto serbai
 fra l'insidie, fra l'armi e fra i perigli,
 ed a tanta viltà tu mi consigli?
 SELENE
 O scordati il tuo grado
1400o abandona ogni speme;
 amore e maestà non vanno insieme.
 
 SCENA XIII
 
 ARASPE e dette
 
 DIDONE
 Araspe in queste soglie!
 ARASPE
                                              A te ne vengo (Si cominciano a veder fiamme in lontananza sugli edifici di Cartagine)
 pietoso del tuo rischio. Il re sdegnato
 di Cartagine i tetti arde e ruina.
1405Vedi vedi o regina
 le fiamme che lontane agita il vento.
 Se tardi un sol momento
 a placar il suo sdegno
 un sol giorno ti toglie e vita e regno.
 DIDONE
1410Restano più disastri
 per rendermi infelice!
 SELENE
                                            Infausto giorno!
 
 SCENA XIV
 
 OSMIDA e detti
 
 DIDONE
 Osmida.
 OSMIDA
                   Arde d'intorno...
 DIDONE
 Lo so. D'Enea ti chiedo.
 Che ottenesti da Enea?
 OSMIDA
                                             Partì l'ingrato.
1415Già lontano è dal porto; io giunsi appena
 a ravvisar le fuggitive antenne.
 DIDONE
 Ah stolta! Io stessa, io sono
 complice di sua fuga. Al primo istante
 arrestar lo dovea. Ritorna Osmida,
1420corri, vola sul lido, aduna insieme
 armi, navi, guerrieri.
 Raggiungi l'infedele,
 lacera i lini suoi, sommergi i legni,
 portami fra catene
1425quel traditore avvinto.
 E se vivo non puoi, portalo estinto.
 OSMIDA
 Tu pensi a vendicarti e cresce intanto
 la sollecita fiamma.
 DIDONE
                                      È ver, corriamo.
 Io voglio... Ah no... Restate...
1430Ma la vostra dimora...
 Io mi confondo... E non partisti ancora.
 OSMIDA
 Eseguisco i tuoi cenni. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 DIDONE, SELENE e ARASPE
 
 ARASPE
                                             Al tuo periglio
 pensa o Didone.
 SELENE
                                 E pensa
 a ripararne il danno.
 DIDONE
1435Non fo poco s'io vivo in tanto affanno.
 Va' tu cara Selene,
 provedi, ordina, assisti in vece mia.
 Non lasciarmi, se m'ami, in abandono.
 SELENE
 Ah che di te più sconsolata io sono. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 DIDONE e ARASPE
 
 ARASPE
1440E tu qui resti ancor? Né ti spaventa
 l'incendio che s'avanza?
 DIDONE
 Ho perso ogni speranza,
 non conosco timor. Ne' petti umani
 il timore e la speme
1445nascono in compagnia, muoiono insieme.
 ARASPE
 Il tuo scampo desio. Vederti esposta
 a tal rischio mi spiace.
 DIDONE
 Araspe per pietà lasciami in pace.
 ARASPE
 
    Già si desta la tempesta,
1450hai nemici i venti e l'onde,
 io ti chiamo su le sponde
 e tu resti in mezzo al mar.
 
    Ma se vinta alfin tu sei
 dal furor de le procelle,
1455non lagnarti de le stelle,
 degli dei non ti lagnar. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 DIDONE, poi OSMIDA
 
 DIDONE
 I miei casi infelici
 favolose memorie un dì saranno
 e forse diverranno
1460soggetti miserabili e dolenti
 alle tragiche scene i miei tormenti.
 OSMIDA
 È perduta ogni speme.
 DIDONE
 Così presto ritorni?
 OSMIDA
                                       Invano oh dio,
 tentai passar dal tuo soggiorno al lido.
1465Tutta del moro infido
 il minaccioso stuol Cartago inonda.
 Fra le strida e i tumulti
 agl'insulti degli empi
 son le vergini esposte, aperti i tempi.
1470Né più desta pietade
 o l'immatura o la cadente etade.
 DIDONE
 Dunque alla mia ruina
 più riparo non v'è? (Si comincia a vedere il fuoco nella regia)
 
 SCENA XVIII
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                                       Fuggi o regina.
 Son vinti i tuoi custodi,
1475non ci resta difesa.
 Dalla cittade accesa
 passan le fiamme alla tua regia in seno
 e di fumo e faville è il ciel ripieno.
 DIDONE
 Andiam, si cerchi altrove
1480per noi qualche soccorso.
 OSMIDA
                                                E come?
 SELENE
                                                                  E dove?
 DIDONE
 Venite anime imbelli,
 se vi manca valore
 imparate da me come si muore.
 
 SCENA XIX
 
 IARBA con guardie e detti
 
 IARBA
 Fermati.
 DIDONE
                    (O dei).
 IARBA
                                     Dove così smarrita?
1485Forse al fedel troiano
 corri a stringer la mano?
 Va' pure, affretta il piede,
 che al talamo reale ardon le tede.
 DIDONE
 Lo so, questo è il momento
1490delle vendette tue. Sfoga il tuo sdegno,
 or ch'ogn'altro sostegno il ciel mi fura.
 IARBA
 Già ti difende Enea, tu sei sicura.
 DIDONE
 Alfin sarai contento.
 Mi volesti infelice, eccomi sola,
1495tradita, abandonata,
 senz'Enea, senz'amici e senza regno.
 Timida mi volesti. Ecco Didone,
 già sì fastosa e fiera, a Iarba accanto
 alfin discesa alla viltà del pianto.
1500Vuoi di più? Via crudel passami il core,
 è rimedio la morte al mio dolore.
 IARBA
 (Cedono i sdegni miei).
 SELENE
 (Giusti numi pietà).
 OSMIDA
                                        (Soccorso o dei).
 IARBA
 E pur Didone, e pure
1505sì barbaro non son qual tu mi credi.
 Del tuo pianto ho pietà, meco ne vieni.
 L'offese io ti perdono
 e mia sposa ti guido al letto e al trono.
 DIDONE
 Io sposa d'un tiranno,
1510d'un empio, d'un crudel, d'un traditore
 che non sa che sia fede,
 non conosce dover, non cura onore!
 S'io fossi così vile
 saria giusto il mio pianto;
1515no, la disgrazia mia non giunse a tanto.
 IARBA
 In sì misero stato insulti ancora?
 Olà, miei fidi andate,
 s'accrescano le fiamme. In un momento
 si distrugga Cartago e non vi resti
1520orma d'abitator che la calpesti. (Partono due comparse)
 SELENE
 Pietà del nostro affanno. (A Didone)
 IARBA
 Or potrai con ragion dirmi tiranno.
 
    Cadrà fra poco in cenere
 il tuo nascente impero
1525e ignota al passaggiero
 Cartagine sarà.
 
    Se a te del mio perdono
 meno è la morte acerba,
 non meriti superba
1530soccorso né pietà. (Parte)
 
 SCENA XX
 
 DIDONE, SELENE, OSMIDA
 
 OSMIDA
 Cedi a Iarba o Didone.
 SELENE
 Conserva colla tua la nostra vita.
 DIDONE
 Solo per vendicarmi
 del traditor Enea,
1535ch'è la prima cagion de' mali miei,
 l'aure vitali io respirar vorrei.
 Ah faccia il vento almeno,
 facciano almen gli dei le mie vendette.
 E folgori e saette
1540e turbini e tempeste
 rendano l'aure e l'onde a lui funeste.
 Vada ramingo e solo e la sua sorte
 così barbara sia
 che si riduca ad invidiar la mia.
 SELENE
1545Deh modera il tuo sdegno, anch'io l'adoro
 e soffro il mio tormento.
 DIDONE
                                               Adori Enea?
 SELENE
 Sì, ma per tua cagion...
 DIDONE
                                             Ah disleale
 tu rivale al mio amor?
 SELENE
                                           Se fui rivale
 ragion non hai...
 DIDONE
                                 Dagli occhi miei t'invola,
1550non accrescer più pene
 ad un cor disperato.
 SELENE
 (Misera donna ove la guida il fato). (Parte)
 OSMIDA
 Crescon le fiamme e tu fuggir non curi?
 DIDONE
 Mancano più nemici! Enea mi lascia,
1555trovo Selene infida,
 Iarba m'insulta e mi tradisce Osmida.
 Ma che feci empi numi. Io non macchiai
 di vittime profane i vostri altari.
 Né mai di fiamma impura
1560feci l'are fumar per vostro scherno.
 Dunque perché congiura
 tutto il ciel contro me, tutto l'inferno?
 OSMIDA
 Ah pensa a te, non irritar gli dei.
 DIDONE
 Che dei? Son nomi vani,
1565son chimere sognate o ingiusti sono.
 OSMIDA
 (Gelo a tanta empietade! E l'abandono). (Parte. Cadono alcune fabriche e si vedono crescer le fiamme nella regia)
 
 SCENA ULTIMA
 
 DIDONE
 
 DIDONE
 Ah che dissi infelice! A qual eccesso
 mi trasse il mio furore.
 Oh dio cresce l'orrore. Ovunque io miro
1570mi vien la morte e lo spavento in faccia,
 trema la regia e di cader minaccia.
 Selene, Osmida, ah tutti,
 tutti cedeste alla mia sorte infida,
 non v'è chi mi soccorra o chi m'uccida.
 
1575   Vado... Ma dove?... Oh dio!
 Resto... Ma poi, che fo!
 Dunque morir dovrò
 senza trovar pietà?
 
 E v'è tanta viltà nel petto mio?
1580No no. Si mora. E l'infedele Enea
 abbia nel mio destino
 un augurio funesto al suo camino.
 Precipiti Cartago,
 arda la regia e sia
1585il cenere di lei la tomba mia.
 
 IL FINE